Luglio
1992, siamo in Basilicata, in provincia di Potenza nel comune di
Viggiano.
Autobus ed auto si dispongono disordinatamente sul piazzale del
parcheggio e ne discendono gruppi di pellegrini che organizzano
la visita al santuario dedicato alla Vergine nera del Sacro Monte.
Ogni compagnia porta stendardi con le effigi sacre e
davanti a tutti, i suonatori con zampogne, ciaramelle ed organetti.
La musica tradizionale diviene suono di identità
e si mescola confusamente ai ritmi cadenzati delle musicassette
in vendita nella fiera.
I devoti salutano la sacra immagine conservata in paese
prima di salire al monte dove veglieranno in preghiera, suonando
e cantando fino alle prime luci dellalba quando accompagneranno
la statua dorata della Madonna fino al paese.
Il percorso montano è tortuoso e dallalto si domina
la valle e le colline intorno dove, da qualche anno, si ergono le
alte torri petrolifere di perforazione.
Il paesaggio ne è pieno, sono ormai decine i pozzi attivi,
si tratta di uno dei più importanti giacimenti petroliferi
dEuropa.
Atteggiamenti devozionali, ritmi tradizionali, canti liturgici...
tutto sembra evocare le immagini di una Basilicata in bianco
e nero delle ricerche demologiche di Ernesto de Martino ,
ma quelle torri, con gli apici tinti di rosso ed una luce in cima,
ci segnalano che invece tutto può cambiare o già è
mutato se solo si distoglie lo sguardo dallevento che domina
i nostri sensi : è questa la modernità del nostro
sud.
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