Lungo
una strada rettilinea ed apparentemente infinita che attraversa
la valle del fiume Agri in località Case rosse, nei pressi
di Viggiano in Basilicata è una casa colonica con annesso
una disadorna rimessa.
Allesterno non si colgono i segni di una attività
artigiana che ha a che fare con la musica.
Era il laboratorio di Giuseppe Belviso, costruttore di strumenti
della tradizione lucana: zampogne, ciaramelle, castagnette, flauti
di canna.
Giuseppe era artigiano, oltre che contadino ed operaio, perché
lo erano stati suo padre e suo nonno. Ben consapevole del proprio
ruolo era divenuto il protagonista di lunghe interviste televisive
di emittenti nazionali e locali, nonché di collaborazioni
con etnomusicologi italiani che, interpretando con eccesso di
zelo il proprio ruolo, in alcuni casi, gli avevano rilasciato
diplomi di benemerenza.
Lincontro era quindi guidato su un canovaccio ormai noto
e gestito completamente da Giuseppe che partecipava volentieri
e descriveva in modo stereotipato, ma sempre attento, la propria
attività con brevi esibizioni sui diversi strumenti.
Simpaticamente compiaciuto poteva anche rifiutare di rispondere
a domande che riteneva poco pertinenti o insignificanti senza
mai opporre un diniego ma semplicemente deviando la conversazione
su ciò che gli sembrava utile definire e descrivere.