Testo introduzione
Nel 1964 la RAI e l’AFI, l’Associazione dei Fonografici Italiani, raggiungono un accordo per la realizzazione di una manifestazione musicale intitolata “Un Disco per l’Estate”, per promuovere brani inediti da lanciare sul mercato discografico alla vigilia della stagione estiva. La manifestazione si articola in due fasi, una radiofonica ed una televisiva, con due precisi intenti. Attraverso la radio vengono fatte ascoltare in appositi programmi le canzoni in gara (comprese di solito tra le quaranta e le sessanta unità), che vengono poi giudicate dal pubblico mediante l’invio di cartoline-voto.
Il responso del pubblico definisce così le canzoni semifinaliste, che vengono presentate in televisione in tre serate, di solito intorno alla metà del mese di Giugno e sempre dal Salone del Casinò de la Vallée a Saint-Vincent, in Val d’Aosta. Le prime due decretano, attraverso il voto di una giuria, le canzoni partecipanti alla serata finale, nel corso della quale viene proclamata la canzone vincitrice, il Disco per l’Estate. È una manifestazione che riscuote immediatamente un grande successo di pubblico, ed anche il riscontro commerciale non è indifferente, a beneficio anche delle piccole etichette, nei confronti delle quali la RAI si fa garante di visibilità, in modo che la maggior parte delle aziende discografiche del paese siano adeguatamente rappresentate.
“Un Disco per l’Estate” è anche, in qualche modo, l’ufficializzazione di un tendenza che si era cominciata a manifestare sin dall’inizio degli Anni Sessanta, quando iniziarono ad apparire sul mercato canzoni che facevano uno specifico riferimento ad un fenomeno socio-economico appena nato, e cioè la vacanza di massa, frutto del benessere diffuso nel Paese anche in quelle classi sociali alle quali soltanto qualche anno prima era praticamente preclusa la possibilità di usufruire di una settimana di ferie in una struttura alberghiera. Di quelle vacanze di massa l’ambiente balneare è il protagonista quasi assoluto, almeno nelle canzoni, che contribuiscono così a delineare la cornice classica entro la quale si inseriscono le vicende sentimentali raccontate nei testi, che non prescindono quasi mai dalla regola secondo la quale il flirt estivo-marinaro è, per sua definizione, fugace e destinato ad evaporare con le prime brume autunnali.
La musica che accompagna questi testi è spesso giocata su elementi ritmici ed armonici brillanti e di immediato impatto, anche se naturalmente non mancano atmosfere musicali tinte di nostalgia e malinconia, più consone a descrivere la condizione di una storia d’amore che finisce col finire della vacanza. Ed anche le copertine dei dischi, di conseguenza, si adeguano alla nuova tendenza, ed è stato proprio questo l’oggetto della nostra ricerca iconografica, che prende lo spunto da una canzone,Tipi da spiaggia , lanciata nel 1959 da Johnny Dorelli e diventata poi un film con lo stesso titolo, diretto nello stesso anno da Mario Mattoli.
Se già nel 1960 non mancano canzoni che inneggiano all’estate e alla sua felice atmosfera di spensieratezza e gioia, (e ne è testimonianza la bella copertina disegnata da Guido Crepax che apre la nostra rassegna) è però vero che, se vogliamo trovare una data a partire dalla quale nasce il genere “canzone estiva”, dobbiamo per forza di cose considerare il 1961 e la pubblicazione di Legata a un granello di sabbia cantata da Nico Fidenco. Anche perché il clamoroso successo commerciale del disco (calcolabile intorno al milione di copie vendute) in qualche modo autocertifica la nascita del genere, immediatamente gradito al pubblico e che troverà successive conferme nei grandi classici estivi di Edoardo Vianello (Pinne, fucile ed occhiali, Abbronzantissima), di Piero Focaccia (Stessa spiaggia, stesso mare) e con l’inevitabile vittoria, proprio nella prima edizione di “Un Disco per l’Estate” di Sei diventata nera dei Marcellos Ferial. Ed è in fine curioso notare che Legata ad un granello di sabbia in realtà era stata presentata (e clamorosamente scartata) alle selezioni per il Festival di Sanremo di quell’anno, e in una sorta di nemesi musicale si trasforma dunque da possibile ancella invernale a regina incontrastata dell’estate.
Scorrendo le copertine che abbiamo selezionato ci accorgiamo che i “tipi da spiaggia” del titolo di questa mostra virtuale sono in realtà soprattutto “tipe da spiaggia”, visto che è l’immagine femminile di una o più belle ragazze possibilmente in bikini che definisce la tipologia iconografica del genere. La presenza maschile è un optional, spesso presentata di spalle, poco riconoscibile e di assoluto contorno, e persino il subacqueo protagonista di Pinne, fucile ed occhiali si trasforma, nella copertina di quel fortunato 45 giri, in una avvenente bionda bardata di tutto punto per un’escursione sotto la superficie marina. Abbiamo voluto documentare con poche scelte (a fronte di una casistica abbondante) anche l’esito più semplice e prevedibile dell’iconografia di genere, e cioè il paesaggio balneare, spesso colto in un’ambientazione crepuscolare o notturna e magari con la presenza del volto del cantante in funzione pronuba, propiziatrice cioè del buon esito del rapporto sentimentale al quale la canzone fa da sottofondo, come nel caso di L’amore di Don Backy e di Svegliati amore di Pino Donaggio. Né mancano copertine che si fanno testimonial (come diremmo oggi) di luoghi di vacanza e soggiorno, come è il caso di Incanto del Circeo di Franco Leo o di Costa Smeralda di Renato Rascel, che ci presenta un’immagine del luogo proprio all’inizio della sua trasformazione ambientale, con un’unica, candida villetta circondata dal selvaggio vigore della macchia mediterranea. Non è comunque soltanto l’immagine fotografica ad illustrare le copertine di questi dischi, come abbiamo visto nel caso di Guido Crepax, e non mancano dunque i disegni di argomento balneare, due dei quali sono particolarmente interessanti, vale a dire il retro di Un buco nella sabbia di Mina e Perché una luce di Sergio [De Martino], il futuro cantante dei Giganti: ritraggono infatti il vero protagonista delle estate musicali di quegli anni, la fonovaligia portatile, poi subito sostituita dal più pratico mangiadischi.
Il grande successo di “Un Disco per l’Estate” rende quasi obbligatoria per le case discografiche (che avevano premuto affinché si realizzasse una manifestazione che in qualche modo potesse ripetere il successo del Festival di Sanremo) l’esigenza di ricorrere ad immagini balneari da usare per le copertine dei dischi della produzione estiva, e difatti la maggior occorrenza di illustrazioni di questo tipo (come documentano anche le nostre scelte) si ha nel 1964 e nel 1965, in concomitanza con le prime due edizioni della manifestazione. Poi, con l’avvento sulla scena dei gruppi beat e con il cambiamento dei gusti musicali dei giovani e del pubblico in generale, cambia anche a poco a poco quello specifico indirizzo iconografico, fino quasi a scomparire alla fine del decennio e a rendersi decisamente episodico negli Anni Settanta, che segnano anche (e in perfetta sincronia) la fine, nel 1975, di “Un Disco per l’Estate”. Che riapparirà poi in altra veste e con soluzione di continuità tra il 1981 e il 2003, ma senza mai ripetere il successo, mediatico e commerciale, delle prime storiche dodici edizioni.
Luciano Ceri
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